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Bambini e domande scomode




A proposito delle domande scomode che fanno i bambini, vi riporto un racconto, per tenere ben presente una cosa: che è molto, molto importante non lasciarle cadere nel vuoto. Provate a mettervi nei suoi panni. Buona lettura.


"L’atmosfera tesa, da giorni. Silenzi, sbuffare, qualcuno che parla al telefono con un’espressione preoccupata. Li guardo, cerco di capire, con la scusa della palla che è rotolata fino a lì cerco di captare qualcosa dalle loro conversazioni in cucina, ma non ci riesco. Dicono poco o niente, e lo dicono a voce molto bassa. Propongo un gioco, la mamma mi dice di sì, ma non è qui con la testa. Lo sguardo è assente. Faccio quella battuta, quella nostra, che ci fa sempre ridere. Non ride. Poi se ne accorge, che l’avevo fatta, allora accenna ad un mezzo sorriso, ma forse non è nemmeno un quarto. Sto sveglio un po’ più del solito, non se ne accorge, o forse sì, ma non dice nulla. Rimango qui. Continuo ad osservarli, sono seri. Dice che adesso si va a letto, meno male, se ne è accorta, mi sentivo che stavo facendo qualcosa di male. Forse avrei dovuto dirlo io? Mi avvio, mi raggiunge.

Ti sei lavato i denti? Sì. Tutto a posto? Sì. Spengo la luce, amore? Sì.


Mamma? Sì. Mamma? Sì, dimmi. No niente. Dai, dimmi.

Tutto ok, mamma? Sì amore, tranquillo, tutto ok.


Ecco, no. Che peccato. Avrei voluto, e necessitato, di una risposta diversa.

Perché talvolta quel “tutto ok, mamma?” è un enorme atto di coraggio che non merita di frantumarsi al suolo e farsi in mille, inutili, pezzettini. Perché la consapevolezza che c'è qualcosa che non va, resta. Perché la fiducia nel ricevere una risposta onesta, sfuma. E perché se non posso sapere che succede, allora sicuramente qualunque cosa succeda ha a che fare con me.

O per meglio dire, è colpa mia."

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